Ho lavato tutti i piatti, tutti i bicchieri, tutte le ciotoline i piattini le tazzine le forchette i cucchiaini.
È il prezzo dell’essere ospitali, e lo pago volentieri. E del non avere la lavastoviglie.
Ho sparecchiato tutto e pulito il tavolo e i fornelli, perché so di abitare in una bella casa e la bellezza è un esercizio di cura quotidiana.

Mi piace avere gente a tavola, specie se viene da lontano, se ha una visione del mondo inedita, se stendiamo insieme la pasta. Se nota una somiglianza tra i cappelletti e i ravioli cinesi, se propone di usare il paneer al posto della ricotta.
Mi piace quando dopo la terza bottiglia parliamo di cose importanti come se non lo fossero, in una lingua che non padroneggia nessuno.
L’acqua e la farina, quante cose ci fai.

Ora spengo le luci. Mélissa mi ha detto “come sono ordinate le case senza bambini” e ha ragione. Aggiungerei come sono ordinati i pensieri senza bambini.
Lo so che è un argomento delicato, come il detergente per i miei coglioni.
Guardo il buio. La gente dorme col suo normale malumore, e sto bene. Che vergogna.