Quando ho lasciato Treviso per Ravenna non avevo bagaglio oltre a quel paio di felpe che puoi vedere in quel paio di foto di allora. Passare l’adolescenza in un mondo analogico ci ha messi al riparo da molti imbarazzi.
Poi con gli anni mi sono conquistato stanze più grandi;
ad ogni trasloco, della sedentarietà;
con ogni lavoro qualcosa che potrei chiamare serenità.

Mi rassicurava avere in casa il pezzo di ricambio per il computer rotto, la spezia giusta per il piatto sbagliato, gli attrezzi adatti a sturare tubi smontare auto imbiancare muri.
E una scala vuoi non averla? Metti che. Il ferro da stiro, le t-shirt vecchie, i volantini delle manifestazioni, i cartelli stradali rubati. E poi libri, libri, libri, che non si notino le mie origini punk di provincia.

Non so quando sia arrivata la voglia di partire, e nemmeno perché, ma all’improvviso tutti quegli oggetti sono diventati ingombranti.
Più me ne sbarazzavo – via quelle felpe sgualcite – più sentivo la vita tornare a galla – via la collezione di Aelle – come quando una donna si taglia i capelli – via le edizioni da 50 euro del Manifesto – ma se ne taglia davvero tanti.
O cambia telefono senza trasferire la rubrica.

Nei trenta metri quadri parigini c’è spazio per tutto quello che occorre, incluso un angolo vuoto. Guardo i vide-grenier come se guardassi una discarica.
In quelle due vecchie foto mi vedo estraneo, un parente con la testa rasata.

Ma niente di te è finito nel bidone,
e nel lavandino nemmeno un capello,
nemmeno un’onda tra quelle che ci hanno travolti sul lungo Senna.
Lo so che prima o poi la memoria ci tradirà, e forse solo lei. Litigheremo sulle versioni dei fatti e rideremo della troppa importanza che diamo alla verità.
Leggeremo la corrispondenza tra Sartre e Simone de Beauvoir credendola nostra – che belle lettere che ci scrivevamo, amore. Daremo ogni giorno nomi nuovi ai vecchi gatti.
Non so il tuo numero di piede, non so il tuo numero di pantalone, né quello del tuo telefono. So cosa ami fare la notte, con che vino fai colazione. So delle tue ansie e di come te ne prendi cura.

E so anche che chi non pecca ha ben poco da raccontare e io adoro averti all’orecchio.
Finire il vino.
Fare mattino di te.