Io ho dovuto impararlo il romanticismo, e sono ancora impacciato nel metterlo in scena. Mi sfuggono il ritmo, le parole di rassicurazione, i gesti urgenti i pianti i rimpianti i sentimenti i sentiamoci. Devo mettermi una nota.

Quando ti ho conosciuta, goffo nel mio modo d’essere romantico, ti parlavo delle cefeidi, dell’entanglement quantistico, di come la massa influenzi il tempo e che stando abbastanza vicini, di più, ancora un po’, il tempo avrebbe quasi potuto fermarsi.
Mi stai forse dicendo che sono grassa?
Dai, baciami.

Quando mi hai conosciuto, leggera di quel romanticismo puro che dura il tempo di una farfalla, ti dicevo facciamo come i bruchi: invecchiamo con le ali invece che col bastone. E tu non mi credevi ma non si sa mai, non si sa mai e consacravi penne alle nostre ali di carta.
E se poi soffro di vertigini?
Dai, baciami.

Quando ci siamo conosciuti
per rilassarti ascoltavi Colapesce, io i CCCP,
la tua idea di vacanza era New York, la mia Tehran,
tu guardavi le serie, io le allegre,
tu stavi in cinque stanze e due bagni, io in uno sgabuzzino senza bidet,
sembravi lesbica sai, e io gay,
avevi la dizione perfetta, io l’erre moscia.

Ancora non so bene cosa sia l’amore e dovrei riordinare le note sul romanticismo, ma chissà com’è che due estranei a un certo punto si piacciono, nonostante.
Che siano le cosce o le angosce?
Eddai, baciami.